Forse in Italia il suo nome non è celebre come quello di Kilian Jornet, ma Stian Angermund è da tempo uno dei più importanti trailrunner sulla scena mondiale. Lo scorso anno ha vinto all’ Ultra Trail Mont Blanc (UTMB) nella gara OCC (davanti all'italiano Francesco Puppi) e ha conquistato per la seconda volta consecutiva il titolo di campione del mondo di trail corto. Ora è stato sospeso, accusato di essere positivo al clortalidone in un test dell'Agenzia antidoping francese proprio dopo aver vinto l'OCC.
Una notizia che ha il peso di una bomba nel mondo del trail running, dove le questioni del doping sono sempre sembrate lontane, tanto che diversi organizzato di gare (compreso UTMB) Contatta la redazione. Una bomba anche perché Stian Angermund, atleta norvegese, è considerato uno degli esponenti più limpidi del movimento. A quanto pare la sospensione risale al 20 ottobre scorso, ma è rimasta segreta sino ai giorni scorsi quando lo stesso Stian l’ha resa pubblica in una intervista al media norvegese NRK.
L’atleta racconta dell’incredulità dinanzi alla email che gli annunciava la sospensione a causa del ritrovamento di tracce di clortalidone nelle urine. Poi racconta il periodo difficile in cui si è isolato, in cerca di una spiegazione a ciò che gli stava accadendo.
La sua è una sospensione in attesa del completamento del processo, ma anche le controanalisi hanno mostrato la presenza di questo diuretico, usato per combattere la pressione alta, che nel mondo sportivo verrebbe adoperata per coprire l’uso di altre sostanze dopanti. Angermund ha spiegato di non assumere alcun farmaco o integratore e di non capire da dove possa derivare quella positività. Ha anche chiesto un esame del DNA per cercare di capire se la sostanza sia stata somministrata in modo fraudolento. Inoltre, ha fornito tutti i farmaci e i prodotti che usa normalmente per capire se vi sia stato un inquinamento accidentale.
La sua vicenda non è stata ancora definita, ma nella comunicazione di sospensione oltre ad informarlo del risultato positivo e della presenza della sostanza vietata nel campione di urina, gli è stato intimato di non partecipare a competizioni, di non avvicinarsi a eventi sportivi, né di continuare ad allenarsi in gruppo. Rischia una multa fino a 45.000 euro e una sanzione che può andare dai due ai quattro anni.
La sua è una condizione che viene descritta in modo drammatico, perché l’atleta insiste di non essere un imbroglione e si dice preoccupato per il giudizio sociale in una vicenda per la quale dice di non avere gli strumenti. Nell’intervista riconosce di aver giudicato troppo frettolosamente altri casi simili.