Nonostante sappia di andare contro corrente, sono abituato a dormire meno delle canoniche otto ore di sonno. Sono stato un nottambulo per la maggior parte della mia vita e di solito riesco a dormire anche solo cinque o sei ore a notte. C'è sempre un buon documentario o una commedia da guardare prima di andare a dormire.

Non me ne sono mai preoccupato, perché essere produttivo già al mattino non è mai stato un mio problema, sia che rimanessi a casa (prima che lavorare da casa fosse la norma) sia che arrivassi presto in ufficio.

Ma c’è una cosa che non sono mai riuscito a fare: correre al mattino.

Ogni volta che mi ripromettevo di svegliarmi per correre, dicendomi che poi sarei stato bene per il resto della giornata, o spegnevo la sveglia, o mi alzavo dal letto barcollando correndo malissimo.

Ma quando il lavoro e la vita privata hanno iniziato a cospirare contro di me, la mia routine si è sgretolata. All'epoca mi stavo allenando per una maratona e normalmente mi allenavo in pausa pranzo - un vantaggio che deriva dal lavorare per Runner's World – avendo i pomeriggi occupati da altro.

Avrei potuto provare a correre la sera, ma quello è il sacro momento della TV: un uomo ha anche bisogno di rilassarsi. No, se volevo continuare ad allenarmi, gli allenamenti mattutini erano l'unica vera opzione.

Così Contatta la redazione. L'obiettivo era quello di completare tutte i lenti previsti ben prima delle 8 del mattino (quando inizio a lavorare) e di iniziare i lunghi del fine settimana non oltre le 7.

Sono riuscito a svegliarmi ogni giorno da metà aprile fino alla fine del mese, ma non è stato sempre facile. Ma ho imparato cosa funziona nel mio caso, cosa non funziona e alcuni piccoli trucchi che potrebbero essere utili a tutti i runner. Ecco come è andata.

Correre al mattino: il problema del risveglio

A differenza del "Sottosopra" di Stranger Things, il mattino (presto) non era un mondo a me sconosciuto. Ho sempre fatto i lunghi nel fine settimana più o meno presto e, durante alcuni cicli di allenamento per la maratona, l'unico momento in cui riuscivo a pianificare regolarmente il mio lavoro di velocità era il giovedì mattina alle 6.00.

Per la maggior parte dell'anno ho svolto questi allenamenti alle 6 del mattino su una pista universitaria locale, con qualsiasi condizione climatica. Un momento in cui è difficile esprimersi al meglio in un allenamento di qualità. Inoltre, le luci del campo non erano mai accese. Ma è stato in qualche modo bello e gratificante finire queste corse al buio, in assoluta solitudine, mentre gli studenti dei dormitori vicini ancora dormivano.

Quindi "allenamenti di velocità il giovedì mattina" e "lungo il sabato mattina"? Nessun problema. Ma questo perché ho passato molto tempo a sviluppare questa abitudine. Temevo che alzarmi il lunedì mattina per fare 5 km sapendo di dover fare la stessa cosa tutti gli altri giorni della settimana sarebbe stato più problematico.

Per far funzionare questo esperimento, ho deciso di imitare la mia routine del giovedì mattina nei giorni feriali, impostando la sveglia del mio iPhone alle 5:01 (quel minuto mentalmente fa la differenza, così non mi sembrava di alzarmi così presto), con una seconda sveglia di riserva alle 5:30. E ho iniziato il mio viaggio di due settimane il giovedì mattina, sperando che la mia abitudine mi avrebbe fatto superare le difficoltà. Sono partito con un allenamento classico di 6x800. È andato tutto bene. Un inizio fantastico.

Quello che non è stato così fantastico è stato il mattino successivo. La sera prima non mi sono preparato per la corsa mattutina, ho ignorato le sveglie e ho finito per alzarmi in preda al panico. Ho corso malissimo, preoccupandomi della giornata che mi aspettava.

Contatta la redazione: ogni sera, prima di andare a letto, avrei pianificato la corsa e il percorso, avrei preparato i vestiti per l'allenamento e avrei preparato il pranzo e la caffettiera, per il post- corsa. In questo modo non avrei dovuto prendere nessuna di queste decisioni appena sveglio. Poi non mi restava che trovare un metodo migliore per far sì che la sveglia mi svegliasse davvero.

L'ultima parte era la più difficile. L'unico modo per superare mentalmente il tasto snooze era prendere subito il telefono appena sveglio. Aprendo un'app – l’e-mail, il calendario, il conto in banca o le newsletter - la stimolazione e la luce blu erano sufficienti a far scattare la connessione mente/corpo e a farmi alzare dal letto.

Ma cè una cosa che non sono mai riuscito a fare: correre al mattino.

Lo stomaco

Non avendo familiarità con la corsa mattiniera fatta in modo regolare, non conoscevo nemmeno il funzionamento del mio intestino a quell'ora. Cosa particolarmente vera nei primi giorni. In ognuna di queste uscite (a parte la prima, in cui il mio corpo era già abituato a fare allenamenti di velocità a quell'ora) mi sono dovuto fermare a metà, per trovare una toilette o un posto isolato.

Ecco i principali elementi che hanno contribuito a rendere le mie corse mattutine meno difficili una volta iniziata la seconda settimana.

1. Se mi sentivo pieno dalla sera prima, mi muovevo facendo un po’ di riscaldamento dinamico, che normalmente tendo a trascurare.

2. La sera mi piace mangiare una piccola ciotola di cereali o una coppa di gelato. Li ho eliminati (o li ho mangiati prima) sapendo che potevano diventare un problema. Se avevo voglia di un po’ di cereali, bevevo un po' di latte di mandorla di mia moglie.

3. Un altro buon consiglio che mi hanno dato: assicurarsi di essere vicino a casa nei primi tre chilometri, oppure scegliere un percorso con un’ampia scelta di bagni.

Per quanto semplici possano sembrare questi consigli, metterli in pratica mentre affrontavo la seconda settimana ha alleggerito la tensione e, di conseguenza, anchela mia pancia. Questo mi ha permesso di apprezzare la corsa ogni giorno di più.

La corsa facile

Un grande ostacolo nella prima settimana è stato quello di adattarsi alle sensazioni, scrollarsi di dosso la ruggine e uscire il prima possibile. I cinque minuti necessari per lavarmi i denti, mettere le lenti a contatto e vestirmi per la corsa non erano sufficienti per abituarmi completamente.

Le ginocchia e i quadricipiti spesso si irrigidivano alla fine di quella che sarebbe dovuta essere una tranquilla uscita di cinque o dieci chilometri, e le mie gambe sembravano trampoli arrugginiti che si muovevano su e giù per la strada. Normalmente, quando faccio un lento in pausa pranzo, raggiungo un'andatura di 4’50” al chilometro. Ma superare i 5’ al chilometro era diventata una vera e propria impresa.

Dopo qualche giorno, mi sono reso conto che forse non era un vero problema. Ho letto un articolo che illustrava le abitudini dei runner qualificati alla maratona di Boston. E quelli che ce la facevano erano meno concentrati e ossessionati dalla qualità dei loro allenamenti. Quindi, diminuire il mio ritmo non sarebbe la cosa peggiore del mondo.
E ho imparato ad osservare meglio ciò che mi circondava. Nel parco vicino a casa, mentre il sole sorgeva c'era un cielo splendido. Certi giorni, ho corso nella rugiada dell'erba del mattino, lasciando che il bagnato mi pulisse le scarpe. Cosa non sarebbe mai successo se fossi uscito a correre durante il pranzo o la sera.

Quelle mattine mi hanno aiutato a capire che la corsa non deve sempre essere una gara. E mi hanno permesso di allenarmi meglio durante gli allenamenti di qualità.

Tempo extra

Avevo dimenticato che il giorno del mio allenamento settimanale in pista, sono già sveglio da almeno 30 minuti quando arrivo al campo. Inoltre, avevo imparato a costringermi a riscaldarmi per almeno due chilometri prima di provare ad aumentare il passo.

Dopo la prima settimana, mi sono abituato a svegliarmi alle 5 del mattino, alzandomi dal letto alle 5:15 e uscendo dalla porta dopo 30 minuti. E quando dovevo correre a un ritmo un po’ più alto non cambiava nulla, se non per la maggiore intensità.

Ma per il lunghissimo, uno degli allenamenti più importanti in preparazione della maratona, avevo bisogno di un nuovo piano d'azione.

Dopo aver letto di un metodo per prepararsi la mattina di una gara - svegliarsi, concedersi un po' di tempo per mangiare un boccone e fare l'ultima sosta in bagno - ho deciso di pianificare il weekend del lunghissimo proprio come avrei fatto per la gara, ormai a quasi un mese di distanza. Correre alle 7 del mattino, significava alzarmi dal letto verso le 5, fare una doccia veloce e fare una piccola colazione, oltre a prendermi un po' di tempo per ascoltare qualche minuto della mia playlist preferita. Alle 7 ero già fuori dalla porta con la mente concentrata e la pancia felice.

Tutto perfetto. Avere un po’ di tempo extra per svegliarsi e prepararsi è stato fondamentale per la buona riuscita dell’allenamento. Lo stesso ho fatto due settimane dopo per un altro lungo.

Ma anche il mio corpo, ormai sempre più abituato alla routine, cominciava a gradire queste nuove uscite. Se volevo correre di nuovo a pranzo o la sera, sapevo di poterlo fare. E questo ha reso le mie giornate meno stressanti, perché se si fosse presentato un imprevisto che normalmente mi avrebbe impedito di allenarmi, sapevo di aver già fatto il mio dovere.

Mi sorprende scriverlo, ma quando le due settimane sono finite e le mattine di primavera hanno iniziato a portare un po' più di luce, avrei voluto tornare a correre prima delle 7 del mattino.

Un nuovo runner mattutino

Posso dire con orgoglio che dal 2017 questo test mi ha trasformato in un runner mattutino. Ogni volta che posso, mi alzo ed esco dalla porta quando il traffico intorno a casa è ancora leggero e il mondo ancora dorme. È un modo straordinario di iniziare la giornata e, normalmente, quando rimando tutto al pomeriggio, sento che mi manca qualcosa.