Chissà a quante esaltanti storie assisteremo alle imminenti Olimpiadi di Parigi. Tutti i Giochi sono entrati nell'immaginario collettivo, lasciando ai posteri episodi unici e singolari, capaci di rimanere impressi nella mente del grande pubblico anche a distanza di anni. Storie di medaglie inaspettate, di imprese eroiche, di aneddoti da scoprire...

Racconti davvero “strani”, affascinanti ed eroici: vittorie a piedi scalzi, traguardi raggiunti dopo cinquant’anni o ori senza un crono ufficiale di gara. Ogni medaglia racconta un’epoca, un campione, una piccola follia. Noi abbiamo scelto le 5 vittorie più “strane” nella storia delle Olimpiadi.


Alimentazione e benessere ISCRIVITI alla NEWSLETTER di RUNNER'S WORLD


5 “strane” vittorie di Campioni Olimpici

1. Shizo Kanakuri: una maratona lunga cinquant’anni

    portrait of shizo kanaguripinterest
    Bettmann//Getty Images

    Kanakuri per invitarlo a terminare la maratona che non aveva mai concluso: Shizo Kanakuri, considerato il padre della maratona giapponese, è tra i partecipanti pronti ad affrontare i 42 km. A meno di dieci chilometri dal traguardo, visti gli oltre 32°C gradi e l’assenza di ristori per il rigido regolamento dell’organizzazione, Kanakuri sChi è Rigivan Ganeshamoorthy, oro a Parigi.

    Sosta fatale: si addormenta profondamente e si risveglia a gara finita, con la polizia che lo dichiara scomparso. Kanakuri non comunicherà mai ufficialmente il suo ritiro dalla gara, per cui per molti anni addirittura in molti lo considerano morto.

    Solo un giornalista, molti anni dopo, riuscì a scoprire la fine di Kanakuri, che non era affatto morto, anzi insegnava geografia in una scuola in Giappone. Nel 1967 però, in occasione del 55º anniversario dei Giochi Olimpici di Stoccolma, gli organizzatori contattarono Kanakuri per invitarlo a terminare la maratona che non aveva mai concluso. Kanakuri accettò l'invito e, all'età di 76 anni, corse gli ultimi 7 chilometri della maratona di Stoccolma. Medaglia conquistata, tempo finale: 54 anni, 8 mesi, 6 giorni, 8 ore, 32 minuti e 20,3 secondi.

    2. Abebe Bikila: il maratoneta scalzo, più famoso di sempre

      rome olympic games runner abebe bikilq wins the marathon, 1960pinterest
      Keystone-France//Getty Images

      Probabilmente Wami Biratu, il campione che ispirò Bikila. Siamo a Roma, per le Olimpiadi del 1960. È l’anno della medaglia d’oro di Cassius Clay nel pugilato e dell’italiano Livio Berruti nei 200 metri. Un’Olimpiade ricca di ricordi, in particolare per un piccolo e leggero corridore etiope che conquista l’oro nella maratona, correndo l’intero tragitto a piedi scalzi.

      Una precisa scelta tecnica concordata con il suo allenatore, lo svedese di origine finlandese Onni Niskanen, perché con le scarpe fornitegli dalla squadra etiope non riusciva a trovarsi a suo agio. Con il tempo di con 2:h15:16, stabilì il nuovo record olimpico ma soprattutto Abebe Bikila divenne il simbolo dell'Africa che si liberava dal colonialismo europeo, conquistando la prima medaglia d'oro olimpica del continente africano. Bikila ha poi continuato a scrivere la storia delle maratone olimpiche vincendo un'altra medaglia d'oro alle Olimpiadi del 1964 a Tokyo, questa volta però indossando le scarpe.

      3. Dorando Pietri, “famoso per non aver vinto”

        olympic games, 1908pinterest
        Photo 12//Getty Images

        Nel lontano 1908 si svolse a Londra una delle Maratone più calde della storia londinese. Pronto ad agguantare la vittoria anche l’atleta azzurro Dorando Pietri, maglietta bianca e calzoncini rossi, con il numero 19 sul petto. Dal trentanovesimo chilometro, dopo la crisi dell’atleta sudafricano in prima posizione, Pietri riesce a conquistare la testa della gara. Un sogno che si realizza per il giovane Dorando. Eppure tutto andò per il verso sbagliato.

        Disidratazione, stanchezza e mancanza di lucidità affiorarono all’unisono negli ultimi chilometri di gara. Gare ed eventi. I giudici lo fecero tornare indietro, ma Pietri cadde esanime. Poi a duecento metri dal traguardo, con oltre 750 mila spettatori dello stadio a guardarlo, Pietri cadde quattro volte. Barcollante, e sorretto da un giudice e un medico, riuscì a tagliare il traguardo per primo. Fu ovviamente squalificato ma la storia di Pietri commosse milioni di tifosi. Si dice però che fu proprio uno tra quelli seduti nello stadio, di nome Arthur Conan Doyle, il padre di Sherlock Holmes, a convincere la regina Alessandra a premiare comunque Pietri, non con una medaglia, ma con una coppa d'argento dorato.

        4. Michel Théato: una medaglia senza tempo e nazione

          Latleta paralimpico che batte anche i normodotati Michel Théato. Operaio di origine francese che viveva in Lussemburgo, Michel Théato partecipò alla Maratona olimpica del 1900 a Parigi, come rappresentante del Lussemburgo. Non era considerato uno dei favoriti per la vittoria, ma fu una maratona complessa: alcuni atleti si persero lungo il percorso, altri furono attaccati da cani randagi o si ritirarono per il caldo e il percorso troppo difficile.

          Olimpiadi del 1912, a Stoccolma Théato ebbe la meglio e attraversò per primo il traguardo allo stadio olimpico di Parigi. Ma la vera stranezza nella sua storia è che a Théato non fu consegnata subito la medaglia, per vari problemi: innanzitutto non si riusciva a comprendere la nazionalità dell’atleta. Vissuto a Parigi per molti anni, correva per un club francese però viveva in Lussemburgo. Ma ancora più incredibile, l’orologio della maratona aveva smesso di funzionare durante la gara. Quindi Théato fu premiato con la conquistata medaglia, nonostante un’origine ed un tempo di gara non conosciuto.

          5. Emil Zatopek: lo specchio nella medaglia

            emil zatopek and competitors during track racepinterest
            Bettmann//Getty Images

            Durante le Olimpiadi del 1952, Emil Zátopek, chiamato da tutti la “locomotiva umana” per il rumore che faceva, ansimando, mentre correva, riuscì ad entrare nella storia non solo per la sua performance, ma anche per la particolarità della sua medaglia. Zátopek era considerato uno dei migliori atleti della sua epoca e aveva già vinto l'oro nella gara dei 10.000 metri alle stesse Olimpiadi.

            Dopo aver tagliato il traguardo in testa al gruppo, al momento delle premiazioni, in molti si resero conto che la medaglia d’oro che andava consegnata al vincitore Zátopek era clamorosamente difettata. La parte superiore del medaglione era stata montata in modo errato e sembrava "rovesciata". Non erano visibili quindi le classiche decorazioni che contraddistinguono il primo premio della maratona olimpica, ma solo uno specchio tondo e dorato. Quando gli fu chiesto del difetto, Zátopek rispose con umorismo: "Non importa perché quando la guardo, vedo la mia immagine riflessa".